
Questo libro ha vinto il Premio Tesi di Dottorato 2014 istituito dalla Sapienza Università di Roma.
In prossimità della Quaresima del 1386 il magister francescano Giovanni Genesio Quaglia lavora alla sua ultima opera, un trattato su Vizi e Virtú la cui stesura lo impegnerà fino alla morte. Si tratta di un testo complesso, costituito da un poemetto in lingua volgare che descrive una psicomachia e da un florilegio latino in stretto dialogo con i versi, nel quale sono raccolti estratti di argomento morale desunti dalle Scritture, dalle auctoritates cristiane e dai classici. Il risultato è un’opera originale che ibrida diversi generi letterari e risponde a sollecitazioni di varia natura, associando alla tendenza enciclopedica un vivo interesse per la predicazione e per la didattica. Dopo la scomparsa del magister il trattato viene completato da un suo allievo, che prosegue il progetto editoriale arricchendolo di personalissimi spunti.
Forse proprio a causa della lunga e difficile gestazione l’opera non ebbe una diffusione paragonabile a quella di altri lavori di frate Genesio e venne dimenticata: riemerse intorno alla fine dell’Ottocento, quando un testimone della tradizione manoscritta venne segnalato a Oxford; alcuni errori di prospettiva, tuttavia, impedirono di contestualizzare correttamente il testo, che è stato fino ad oggi ritenuto un anonimo duecentesco.
Questa prima edizione critica permette ora di ricollocare l’opera nel suo contesto, gettando nuova luce sugli scambi culturali tra Ordini mendicanti e ambienti laici e sulla circolazione di idee, autori e opere nell’Italia tardo trecentesca, in particolare nell’area padano-veneta.